Paolo ad imitazione di Cristo

I Verbi del Cuore

Cor-doglio


Scrivendo ai cristiani di Roma san Paolo propone l'imitazione di Cristo: “La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene... Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto...” (Rom 12,9.15). 
Il nostro è un Dio che ama in un modo 's-misurato' (oltre ogni misura) e quindi ci invita a vivere una esistenza 'es-agerata' (cioè 'ex-ager', oltre il campo, fuori dal comune): la reciprocità sia segno di affetto fraterno; se c'è una gara sensata è di stimarsi a vicenda; nel fare il bene nessuna pigrizia, nello spirito tutto il fervore possibile; nella speranza restare lieti; nella tribolazione costanti; nella preghiera perseveranti; nelle necessità dei fratelli solleciti; nell'ospitalità premurosi.
Il COR-doglio è vero quando viene dal cuore, esprime vero amore, attaccamento al bene, volontà di vicinanza e 'COM-prensione' (cioè “prendere in sé il dolore dell'altro”).
Sempre san Paolo nella lettera ai Filippesi ci invita ad “avere gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù” (2,5).
La teologia paolina indica una strada precisa: solo restando uniti a Cristo (“tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” Eb 12,2), solo compenetrandoci completamente alla sua esperienza di vita (“sono stato crocifisso con Cristo e non vivo più io, ma Cristo vive in me” Gal 2,19b-20) saremo capaci di sentimenti autenticamente umani.
Così come il COR-doglio, anche la CON-solazione (che vuol dire non lasciare nessuno solo) è la consapevolezza dell'uomo di essere strumento nelle mani di Dio e portatore di qualcosa di più grande: “Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio. Perché, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione” (2 Cor 1,3-5).
Siamo nati per non morire mai più, per godere la felicità di Dio” ci ha ricordato papa Francesco. In Cristo non moriremo per sempre, e non sono morti per l’eternità quelli che abbiamo amato. In Cristo, nella sua morte e nella sua resurrezione, ci è dato il pegno di ritrovare la vita nostra e loro. I volti sulle lapidi, fermi in quel sorriso distante, così diversi da quello che noi ricordiamo, non sono persi. Li ritroveremo. Nessuno sa quale sarà la forma del "corpo glorioso". «Niente di ciò che amiamo andrà perduto» ci ha ricordato papa Benedetto. Onorando la memoria dei nostri cari, intravediamo il destino che ci attende, di dolore e di gioia.

 

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